Venticinque anni, capelli neri, pettinatura afroamericana e un difetto ai denti “che porto con orgoglio”: è Marianne Mirage, al secolo Giovanna Gardelli, che ieri è salita sul palco di Sanremo come giovane proposta ed è stata purtroppo eliminata.
Marianne ha le idee chiare: mai giocare la carta dei talent show perché il mestiere del cantante è serio “e non un gratta e vinci”. È per questo che per qualche anno si è divisa tra la facoltà di lettere e i locali sui Navigli di Milano, dove portava la sua musica e dove una sera un produttore le ha cambiato la vita: dopo aver ascoltato un cd con alcune delle canzoni composte, l’ha portata in una sala di registrazione di Londra dove ha inciso il suo primo Ep.
Figlia di una fisioterapista e di un riparatore di barche, ha passato l’infanzia navigando tra Italia, Grecia e Turchia – dove accompagnava il padre a riconsegnare le imbarcazioni ai proprietari – e suonando Battisti alla madre. Perché ha scelto un nome d’arte? Sostiene che non si possa essere qualcosa che già esiste quando si sale sul palco: è per questo che ha scelto di unire due band degli anni Sessanta, considerati dalla stessa “estetica e follia” – i Marianne e i Mirage – per creare il suo nome da artista.
Il 10 febbraio uscirà il suo secondo Ep, “Le canzoni fanno male”, titolo dell’omonima canzone che presenterà all’Ariston, scritta da Francesco Bianconi dei Baustelle e Kaballà