New York è una città che alla musica, ma anche a tutti i campi artistici in generale, ha dato moltissimo sotto tutti i punti di vista. Certo, una città così grande, con un bacino così vasto di persone provenienti da tutto il mondo e da tutte le epoche è certamente un braciere sempre attivo e pronto a scacciar fuori scintille artistiche di altissima qualità. E’ vero anche che New York come la intendiamo oggi è più di una città: è un agglomerato di mondi ben distinti fra loro. Il Bronx, il Queens, Brooklyn e Manhattan, potrebbero essere prese ognuna come una città distinta dalle altre con le rispettive arte e cultura; e invece, insieme, formano un unico agglomerato cittadino dal nome di New York. Non siamo qui, tuttavia, a fare la storia della città, o almeno non la storia civile, quello che ci interessa è la faccia musicale di questa grande metropoli.
Madre di moltissime band di culto come i Talking Heads, i Velvet Underground, Blondie, R.E.M, Vampire Weekends, gli Strokes e chi più ne ha più ne metta, sono solo alcuni dei nomi da citare obbligatoriamente nella nostra rassegna e tenete di conto che stiamo trattando una minuscola parte di quello che è stato il potenziale musicale della città nell’arco della sua storia. Arriviamo così al gruppo al quale sono dedicate queste righe, ovvero gli Yeah Yeah Yeahs.
La band si forma nel 2000 dopo l’incontro dell’incontenibile Karen O, voce e leader della band con Nick Zinner, fotografo che da quel momento in poi diventerà il chitarrista della band e Brian Chase alla batteria. I tre prendono subito base a New York e poco dopo – siamo nel 2001 – presso i Tell’s Funhouse Studios registrano il primo EP sotto il nome di Yeah Yeah Yeahs. I tre sono indissolubilmente legati alla città. Il nome stesso è una parodia propria dello slang newyorkese.
L’attività della band li vede subito impegnati oltre oceano, come supporto al gruppo da sempre favorito da Karen O ovvero i Jon Spencer Blues Explosion. Esperienza tuttavia molto breve dal momento che vengono richiamati in patria per fare da spalla al tour di un certo David Bowie. Importante ricordarsi che a questo punto la band ancora non ha pubblicato neanche un disco vero e proprio! Finalmente nel 2002 gli Yeah Yeah Yeahs tornano a Brooklyn per scrivere i pezzi del loro primo album che avrà i natali a Londra nello stesso anno sotto la mano di Alan Moulder (Cure e Depeche Mode fra gli altri) e uscirà con il nome di “Fever To Tell” per la Universal. Immagino cosa stiate pensando “un’altro gruppo impacchettato a dovere da una major”, ma vi assicuro che non potrebbe esserci svista più grave. Sarà perché andava di moda il concetto di “indipendente” all’epoca ma rimane il fatto che il lavoro della band suona più che mai libero da ogni obbligo contrattuale. Nel 2004 infatti, dopo soli due anni di attività vera e propria esce il dvd “Tell Me What Rockers To Swallow”, ripreso al Fillmore di San Francisco, tempio sacro della musica, seguito subito dopo dall’uscita di “Y-Control” solamente in formato vinile. Dopo una pausa di circa un anno la band ritorna in studio nel 2006 per pubblicare il nuovo “Show Your Bones” che li conferma come un gruppo di punto della scena alternativa contemporanea. Del 2007 è l’Ep “Is Is” che anticipa di poco l’uscita dell’album “It’s Blitz” sotto la guida di Nick Launay, già Nick Cave, Arcade Fire e Talking Heads fra gli altri. Il disco sforna subito un paio di singoli di successo e nel Dicembre del 2009 vince il Grammy Award come miglior album alternativo.
Siamo ormai al 2013 con l’ultima uscita ufficiale della band che prende il nome di “Mosquito”. Nel frattempo Karen O ha solidificato il suo ruolo di leader e artista di punta indiscussa degli ultimi 15 anni scrivendo prima la colonna sonora del lungometraggio “Nelle Terre Delle Creature Selvagge” e soprattutto con la canzone “The Moon Song” scritta a quattro mani con Spike Jonze per il film “Her” e che le varrà la nomination agli Oscar del 2014 come miglior canzone/ colonna sonora.
Invito a visionare anche i video di questi Yeah Yeah Yeahs per assaporare fino in fondo la poliedricità artistica che non tocca davvero solo il campo musicale. La band rappresenta un’idea. La libertà espressiva che in musica è un bene sempre più raro se non scomparso del tutto e che ha trovato in Karen O una delle sue ultime discendenti viventi al giorno d’oggi. Vi invitiamo a perdervi fra i loro mille colori.