A proposito dell’esibizione di Patti Smith alla serata dei Nobel

Patti has the power: il potere di commuoversi ancora davanti ad un grande pubblico. Pensiamo sempre agli artisti come a delle persone abili nel nascondere la propria timidezza e senso di inadeguatezza in qualunque situazione pubblica, soprattutto sopra un palco. E invece non è così.

Tutto ha inizio sabato scorso alla consegna dei Premi Nobel: quando arriva il tanto discusso momento di Bob Dylan, viene chiamata sul palco Patti Smith, che interpreta la canzone A Hard Rain’s a-Gonna Fall”, successo di Dylan del 1963. Ma la Smith non ce la fa a trattenere l’emozione e l’esibizione si rivela essere abbastanza scadente, tra voce tremolante e parole del testo completamente dimenticate.

Ecco ciò che la cantante ha raccontato al New Yorker:

Dopo che è stato letto un discorso commovente dedicato a lui, ho sentito chiamare il mio nome e mi sono alzata. Come in una fiaba, mi sono alzata di fronte al re di Svezia e alla regina e ad alcune delle più grandi menti del mondo, armata di una canzone della quale ogni battuta codificava l’esperienza e la robustezza del poeta che le aveva scritte. Dopo l’apertura con gli accordi della canzone, ho ascoltato me che cantavo. La prima strofa è stata accettabile, un po’ tremolante, ma ero certa di potermi riprendere. Invece, sono rimasta bloccata in una valanga di emozioni e ho rotolato in così tanta intensità che non sono stata in grado di controllare. Con la coda dell’occhio, ho visto tutte telecamere della televisioni e tutte le personalità che erano sul palcoscenico e le persone dietro. Non abituata a questo sovrastante nervosismo, non sono stata in grado di continuare. Ho dimenticato le parole, non sono stata capace di farle uscire allo scoperto. Non appena ho ripreso posto, mi sono sentita umiliata da un senso di fallimento, ma ho provato anche la strana presa di coscienza che ero in qualche modo entrata nel mondo dei testi e che lo avevo davvero vissuto”.

In queste ore se ne sono sentite tante sulla sua esibizione, tra dei sonori “che vada in pensione” e chi sostiene sia una delle più belle esibizioni degli ultimi anni, proprio perché ricca di personalità. Forse bisogna ricercare proprio questo negli artisti: la personalità, anche nelle cose più insignificanti. Pensiamo sempre ai cantanti come a delle persone abili nel nascondere la propria timidezza e senso di inadeguatezza in qualunque situazione pubblica, soprattutto sopra un palco, dove sono abituati a farti emozionare, ma non ad emozionarsi e invece non è così. Patti has the power: il potere di commuoversi ancora davanti ad un grande pubblico e di sentirsi inferiore rispetto a Dylan, nonostante l’impronta che ha lasciato nella storia della musica. Sarebbe bello se almeno questa volta ci soffermassimo a pensare a questo e non a contare quante parole ha dimenticato.

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