Negli anni Ottanta Firenze rilevò Bologna come capitale musicale e artistica d’Italia. C’erano sulla scena Litfiba, Diaframma e Neon (che ci sono ancora) e Pankow, i più apprezzati all’estero. Si poteva ascoltare il meglio della new wave: Killing Joke, Psychedelic Furs, Echo and The Bunnymen (a Palazzo Pitti!), Simple Minds. Un mix attivo di musicisti, stilisti, poeti, scrittori, artisti animava locali come Tenax, Brighton, Manila, Casablanca. C’era Pier Vittorio Tondelli, che riportò nel suo Un weekend postmoderno la storica frase di Bruno Casini: “Firenze è una città dove la vita è sperimentata”.
Durò poco, ma fu una stagione esaltante. Però Firenze ha sempre avuto, decennio dopo decennio, la sua forte anima musicale.
Elisa Giobbi in quattro anni di ricerca dimostra una linea di continuità, intervista il novantenne Narciso Parigi (che negli anni ’50 cantava in America con Frank Sinatra e aveva un suo show) e rockers sedicenni, musicisti (Piero Pelù, Ghigo Renzulli, Stefano Bollani, Bandabardò, Cristina Donà), attori (Alessandro Benvenuti, Carlo Monni, David Riondino), giornalisti (Federico Guglielmi, Ernesto De Pascale), promoter e operatori della radio. E molti altri ancora. Le mie preferenze vanno ai colloqui con Paolo Benvegnù che dice cose importanti senza guardare troppo indietro e con Bruno Casini, gestore di locali, editore, curatore di mostre che individua i frammenti della vita culturale fiorentina. Ma c’è tanto materiale per riflettere e – se si vuole – cercare strade da percorrere.
Un libro costruito con passione, fatto di tante voci che in un racconto corale ricostruiscono un clima irripetibile e forniscono interessanti indicazioni per il futuro. Perché conoscere il passato è indispensabile per costruire il domani.
Elisa Giobbi – Firenze suona (Zona, 2015)