Due grandissimi chitarristi incantano Bologna durante il loro concerto tenuto il 5 ottobre
Andy McKee suona tre pezzi uno più bello dell’altro: intensi, ritmici, sensuali, commoventi. Ma il pubblico del Teatro Duse di Bologna va in visibilio solo quando attacca una versione di “Everybody Wants To Rule The World” dei Tears For Fears. Spesso è così: basta suonare qualcosa di riconoscibile e la platea si accende, indipendentemente dalla qualità che hai tirato fuori prima. McKee, virtuoso della chitarra acustica, offre una prestazione maiuscola, percorre la tastiera dello strumento, ne trae arpeggi deliziosi, intona la delicatissima “For My Father” e alla fine tira fuori la sua mostruosa harp-guitar per eseguire “Into The Ocean”, brano suggestivo che richiama gli Oregon e il miglior Pat Metheny.
Cede poi il posto a Tommy Emmanuel, la star della serata, maestro riconosciuto del tapping. Di questo, ne avremo pochissimo. Emmanuel è la chitarra più veloce del West, lavora ad un ritmo impressionante, spara note a milleduecento all’ora con un senso incredibile dell’armonia, pennate vigorose alternate a sapiente fingerpicking. E’ bravissimo e coinvolgente, e il pubblico lo accoglie con veri boati. Rispetto al riservato predecessore, tutto preso nella sua musica, lui è un uomo di spettacolo, scherza col pubblico, finge di guardare l’orologio, di perdere il ritmo, mentre ha tutto perfettamente sotto controllo, anche se gigioneggia un po’ troppo. Il suo è folk blues amfetaminico, vitalissimo, ruggente. Che poi scivola nel boogie e – come in una storia dei generi – trascolora nel puro rock and roll. C’è un momento di grande intensità quando il nostro, che sa pure cantare, attacca “Hurt” che tutti pensano sia un pezzo di Johnny Cash (ma è di Trent Reznor) ballata sulla perdita di se stessi, omaggiando un grande della musica. Alla fine, si produce in un assolo di…batteria ma con la chitarra, percossa a dovere, con una spazzola sul microfono per simulare la grancassa. Poi chiama sul palco McKee e i due si lanciano in una spumeggiante versione di “Africa” dei Toto con accenti quasi caraibici, spalleggiandosi a vicenda. Si chiude con Emmanuel che ringrazia il pubblico per le continue ovazioni (alla fine c’è tutto il teatro in piedi, peraltro giustamente) e promette:”Tornerò a Bologna”.
Una serata di grandissima musica, con due chitarre che sembrano orchestre, un’assoluta indifferenza per i generi, passione ed energia. Cosa chiedere di più?
(foto di Simone Cecchetti)