Portobello – Supermarket

 

Rimini, se guardi le cartoline ed escludi quelle con culi, tette o similari, è questo posto con il mare di un azzurro che esiste solo su fotosciòp e in cui gli stabilimenti balneari sono ripetuti in una maniera sospettosamente periodica.

Nella mia memoria di bambino in spiaggia a Rimini c’è questo signore che, con la calura, con la ressa di gente, si trascinava come un ciuco un carro enorme e pesantissimo e quel carro enorme era una specie di teatro itinerante e quando il signore si fermava e tutto sudato apriva i battenti, da dentro venivano fuori dei mondi che con la riviera romagnola non c’entravano proprio niente, tutti fatti di atolli, mari turchesi, gonnelline di foglie, banane, uculeli e cocktail con gli ombrellini. Se non ricordo male, e potrei farlo, ma non è quello che conta, all’interno del carretto c’era anche una scimmia nera nera. Finta, è chiaro.

E quando quel signore, sul lungomare di Rimini, si fermava e apriva il carretto, i turisti, le turiste perlopiù, accorrevano a mucchi per mettersi il costumino, prendere in mano il cockatil di fiori, mettersi in posa sorridenti e farsi fare dallo scattino una foto sullo sfondo tropicale, in compagnia della scimmia magari. Saluti da Rimini recitava la foto.

Nel frattempo un altro signore braghini e canotta sudata, con la spalla destra deformata da anni e anni di frigobar, passava tra gli asciugamani gridando “LA BOMBAAAAA!!!” e un altro signore ancora, consumato dall’esperienza, portava lettini e ci provava con le turiste.

Nel mio immaginario Rimini, o la riviera romagnola vecchio stile, non sto parlando del Papete o di Riccione e compagnia bella, è, o meglio era, questo luogo non luogo un po’ cialtrone un po’ ignorante – kitsch si direbbe oggi – ma che almeno aveva il buon gusto di non prendersi troppo sul serio, e che offriva a basso costo divertimenti per grandi e piccini oltre che una comoda via di fuga alla vita quotidiana e alla calura della città.

Rimini era questo luogo un po’ Felliniano non popolato da persone ma da personaggi, da macchiette, che veniva quasi da dire fossero messe lì ad arte per il diletto del vacanziero. Che rumore fa il battito di una mano sola? Che rumore fa un albero che cade in mezzo alla foresta se non c’è nessuno ad ascoltarlo? Cos’è un Titta senza la tabachéra, cos’è un bagnino senza una turista?

La differenza sta proprio qui: un bagnino, per quanto stereotipato, assurdo e inadatto alla vita civile possa sembrare, rimane sempre un bagnino. È più simile a un carabiniere in questo.

 

Il 19 Maggio 2016 per L’amor mio non muore (che diavolo di nome per un’etichetta) è uscito Portobello, il primo disco dei Supermarket, gruppo formato da non ho capito bene chi, sicuramente Alfredo Nuti dal Portone (uno che c’entra con Saluti da Saturno, Giacomo Toni e tanti altri, la creme de la creme della Romagna) e poi boh, qualcun altro che è stato chiamato un po’ per economia, un po’ per amicizia, un po’ perché passava di lì e che non me ne voglia se non lo cito, non ho proprio capito proprio chi diavolo sia.

Il concetto mi ricorda un po’ le Desert Sessions di Josh Homme, solo che qui non c’è il deserto, ma la spiaggia della romagna che fa da filtro a mille mondi esotici. Anzi, c’è l’Appennino romagnolo – questa è gente di montagna – che guarda giù al mare e a tutto quel mondo lì e un po’ lo odia, un po’ gli viene da ridere e un po’, nonostante tutto, gli appartiene.

Portobello è il corrispettivo musicale di quel carretto della mia memoria di bimbo. Un luogo evidentemente finto, dai colori sgargianti, pacchiano, suoni caraibici, allegria, jazz, Africa, Sud America, tanta nostalgia. Ad ascoltarlo non ho potuto fare a meno immedesimarmi nel dottore di Twin Peaks con la fissa per Laura Palmer e per i tropici. Otto tracce solo suonate, canzoni che non sono canzoni, panorami diversi accomunati dal tratto cazzone nel dipingerli.

I Supermarket sanno suonare,  ma non te lo fanno pesare, ti portano ad una festa in balera a ballare e palpare il culo di una signora e poi ti lasciano in una notte solitaria, seduto su un pattino, ad ascoltare la risacca e piangere lacrime malinconiche per la mancanza di isole lontane in cui non sei mai stato.

Bravissimi.

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