Reggae Survival! L’intervista a Raphael dopo l’uscita del suo nuovo album – di Downbeat Bologna

Si preannuncia un altro bel sabato sera al Sottotetto, il palco è già allestito per
ospitare Raphael e la sua band. Mentre Dj Chris riscalda la massive con le sue
tunes, mi avvio con Ghita e la sua telecamera dietro il palco. Il “ciak” battuto con le
mani da inizio alla video intervista di Raphael, è da poco uscito infatti il suo nuovo
album “Reggae Survival” ed abbiamo qualche curiosità.
Ho una prima curiosità: che cosa ascolti in questo periodo? Cosa ti ispira di
più?
In questo periodo sto ascoltando un sacco di soul, non ti nascondo che mi si è
riaccesa la passione per Lauryn Hill, sto ascoltando un po’ di cose perché l’ho rivista
al jazz festival di Nizza. Sto ascoltando molto Kendrick Lamar in questo momento e la
scena reggae attuale e fresca giamaicana che ha veramente tanto da dire. A livello
italiano sto ascoltando molto Zibba che è un cantautore ligure delle mie parti. Per
adesso è così…direi però che cambia tutto di tre giorni in tre giorni.
Reggae Survival. Il reggae sopravvive nello stile e nei valori, è sempre più una
missione impossibile?
No, secondo me è una missione già compiuta da chi ci ha preceduto. Partendo da
personaggi come Bob Marley & The Wailers, Dennis Brown, fino ad arrivare alle
produzioni moderne, il reggae ha dimostrato di poter sopravvivere a qualsiasi moda
del momento, è di fatto già immortale. Se tu vai sulla pagina Itunes Italia sezione
reggae album, quel Bob Marley lì è sempre al primo posto. La mission impossible
vera è continuare a farlo sbattendosene delle logiche di un mercato sempre più
difficile a tutti i livelli.
…infatti anche questo si intuisce dalla natura conscious dell’album. È
impossibile non schierarsi oggi? Magari ci aiuta Pepe Mujica in questo?
Esatto! Il non schierarsi penso che sia controproducente tanto quanto l’estremismo.
Secondo me nella moderazione si può trovare un equilibrio, da qui nasce la citazione
di Mujica, uno dei leader mondiali della nostra contemporaneità che, passami il
termine, più ci ha azzeccato. Mentre nel suo paese la gente vorrebbe lavorare quelle
due ore in più per permettersi di avere più lussi, lui dice “ragazzi la felicità è avere
tempo per fare quello che più vi piace, cambiate prospettiva”.
“I veri poveri sono quelli pieni di bisogni e necessità”. Perché hai scelto
proprio queste parole di Mujica? Magari l’hai pure conosciuto…
…purtroppo no. Sono stato veramente affascinato dai suoi discorsi e sono andato a
cercare qualsiasi cosa: dall’intervista per Al Jazeera al discorso all’ONU, insomma
tutto quello che quest’uomo poteva dire. Penso veramente che sia un personaggio
positivo… il fatto che abbia legalizzato la Marijuana nel suo paese è la cosa più
ridondante, quando poi vai a leggere il resto capisci che c’è molto di più.
Tornando all’album, il reggae sopravvive alle mode ma anche ai soundbwoy di
nome ma non di fatto. Quanto trovi cambiato il mondo delle dancehall da
quando c’è un invasione di “joka soundbwoy”?
Intanto il pezzo è partito in studio in Giamaica parlando con un po’ di veterani come
Triston Palmer, Dean Fraser. Mi hanno raccontato dei loro viaggi in giro per il mondo
ma gli manca l’epoca d’oro dove veramente per chiamarti selector dovevi saper
maneggiare il vinile, conoscere etichette, cataloghi…
…e sicuramente dovevi essere un esperto di musica prima di poter essere un
dj…
…è chiaro, con internet c’è tanta più offerta, tante più possibilità, ma diciamo anche
che c’è tanta diluizione in più. Il messaggio condivisibilissimo di Triston è questo: “fa
piacere che ti avvicini al reggae, ma devi sapere che se questo artista nel 2016
suona così è perché negli anni 80 c’è chi ha fatto questo, ispirato negli anni 60 da
quest’altro“ e via dicendo. Paradossalmente la conoscenza è talmente a
disposizione di tutti che tante volte la gente perde un po’ quella curiosità, tempo fa
per andarti a cercare quel nome, quel singolo, quell’etichetta diventavi matto.
Accennavi alla collaborazione con Triston, ma non è l’unica: c’è Lion D e
l’apporto importante del sax di Dean Fraser che è decisamente riconoscibile.
Ascoltando l’album ho notato che in “Stock of Weed” ha fatto il remake del sax
di “Engine 54” degli Ethiopians. Il reggae di qualità fa ancora rima con la
foundation? Quanto contano queste radici nella tua formazione e nel buon
reggae che facciamo anche in Italia?
Assolutamente sì, la rima c’è! La cosa bella del reggae è che comunque può
prendere forma in qualsiasi modo, lo puoi contaminare, lo puoi riportare alla sua
radice. Con Reggae Survival il linguaggio voleva essere appunto “canonico”. Ho
avuto un’ulteriore lezione sul reggae grazie a questi personaggi, mi viene in mente
“Another peace song” in cui ha appunto suonato Dean Fraser: nel ritornello fa tre
note, in quelle tre note ti dice tutto, quando noi magari con la concezione
“occidentale” o anche italiana ricca di virtuosismi tendiamo a volerci mettere troppe
cose. Quando poi arriva il giamaicano “senti, lo faccio da 50 anni, si fa così” non puoi
che chiedere scusa! È sempre una lezione, è sempre attuale questo reggae, ho
notato che a fine serata spesso tanti selector suonano i pezzi di Bob Marley per
svuotare la pista, con l’effetto contrario! C’è quel “know how”, quella vibra unica e
irripetibile.
Le radici però non sono solo nella musica, in “Sweet Motherland” è evidente
l’amore che hai per l’Africa. Quanto conta il richiamo all’Africa nella tua
produzione artistica? E quanto questo richiamo è alimentato dalla distanza
che corre tra la tua identità italiana e le tue origini?
È stato un rapporto strano. Io sono nato a metà degli anni 80 in una città come
Savona che fa 60 mila anime, eravamo due o tre famiglie miste. Ancora oggi che ho
quasi trent’anni quando vedo un mulatto come me, voglio sapere tutto, da dove
arriva, la sua storia! C’è molto di platonico nel mio amore per l’Africa, sono stato solo
una volta in Nigeria per un mese e anche con mio padre (che è nigeriano) c’è
sicuramente un rapporto, ci sentiamo, ma non ci vediamo da 15 anni. Tutte queste
dinamiche familiari hanno fatto crescere in me questo richiamo, anche da un punto
di vista musicale. Ho avuto la fortuna di vedere Femi Kuti, il figlio di Fela Kuti, poi
Nneka, una ragazza tedesco-nigeriana che rappresenta il ponte tra l’AfroBeat
nigeriano e l’Europa con un sound potentissimo. Quindi, sia dal punto di vista
musicale che da quello affettivo, voglio ritrovare questa mia identità: tanta di questa
passione è dovuta proprio alla malinconia del “morso” che non ho dato, ma che darò.
Te lo auguro davvero! Si parte dalle radici per arrivare all futuro: come artista
cresci in Italia ma anche in uno scenario più internazionale ed europeo. Come
vedi il tuo futuro da artista e cosa sogni per il tuo domani?
Quest’anno, per la prima volta, avrò la possibilità di andare negli Stati Uniti a portare
questo nuovo album insieme a Lion D e Jah Sun in questa nuova etichetta della
Sugar Cane. Già il fatto che per un ragazzo italiano, cresciuto un po’ col mito
dell’America in quegli anni 90 che abbiamo vissuto tutti, ci sia questa possibilità è
tanto. Le mie canzoni mi portano lì: c’è il piacere della scoperta, la “prima volta”
dall’altra parte del Mondo, sono curioso di vedere gli stimoli che potrò avere. Per il
futuro auspico di poter continuare ad esprimere la mia arte in maniera indipendente,
libera, cosa davvero da non sottovalutare…di continuare a viaggiare, di vedere tanti
posti, di conoscere persone nuove per crescere musicalmente. Ogni luogo che visiti,
ogni storia che conosci, ogni suono in più che senti e rielabori fa parte di una
crescita che si spera non finisca mai. Non si nasce “imparati”, ma non bisogna
neanche arrivare ad essere “imparati” del tutto. Per me la cosa figa rimane il viaggio,
non tanto la destinazione. Il modo in cui viaggi, le persone che incontri, la vibe che
c’è durante il viaggio è ciò che conta.
Ti faccio l’ultimissima domanda. Dopo Reggae Survival continua il tuo
percorso musicale, le tue scelte…hai in mente qualche collaborazione, magari
oltreoceano? Reggae Survival potrebbe tranquillamente essere un’album della
scena “roots revival” e quindi…
Ancora definite no. Ho contatti in Giamaica, c’è questo ragazzo emergente Dan
Giovanni, faremo qualcosa per il suo nuovo album, ci sono davvero tante giovani
realtà con cui ho avuto il piacere di “linkarmi” in Giamaica. Il teaser che ti faccio è
che abbiamo avuto un’idea, non ti dico con chi, ma di fare qualcosa in Italiano. Per
adesso non posso dire altro…
…una cosa nuova rispetto al profilo dell’album…
…una roba ancora più strana! Vediamo un po’, sicuramente c’è tanta voglia di
sperimentare.
Grazie Raphael, buon concerto!
—-
le prossime date del tour di Raphael
28.05. – SOLIDAROCK – Cassano d’Adda (MI) – ITA
02.06. – BING BANG FEST – Nerviano (MI) – ITA
04.06. – CROCEVIA – Alessandria – ITA
11.06. – LE BRISE GLACE – Annency – FRA
18.06. – CAMPANOT – Castion (BL) – ITA
25.06. – FESTA D’ESTATE – Vascon (TV) – ITA
07.07. – PRATO NEVOSO – Cuneo – ITA
08.07. – BRINDANDO SOTTO IL CANTO – Pontida (BG) – ITA
09.07. – CELLINO REGGAE FEST – Cellino A. (TE) – ITA
21.07. – THE SUMMER GARDEN – Thiene (VI) – ITA
22.07. – RIVIERA MUSIC FESTIVAL – Garlenda (SV) – ITA
23.07. – POSITIVE RIVER – Campegine (RE) – ITA

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