S.I.A.E. (Se Improvvisamente Andassimo all’Estero)?

Da qualche settimana tiene banco la questione sollevata dal rapper Fedez che ha deciso di lasciare la SIAE ed affidare la gestione dei suoi diritti d’autore a Soundreef seguendo l’esempio di alcuni suoi colleghi. Uno su tutti Adriano Bono, ex cantante dei Radici nel cemento e attuale leader di The Reggae Circus, passato a Soundreef nel 2015. Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si sta parlando.

Soundreef, che si pone come alternativa alla SIAE, è una piattaforma digitale per gestire il diritto d’autore relativo alla musica nei grandi centri commerciali e nei concerti. La società italiana, con base a Londra, lo scorso 18 marzo è stata riconosciuta ufficialmente in Inghilterra.

La questione, però, ha radici più profonde e, soprattutto, normative. Infatti una direttiva europea del 26 febbraio 2014 (c.d. direttiva Barnier) ha chiesto all’Italia di adeguare la sua datata legge sul diritto d’autore -la legge è del 1941-. Nei fatti, l’Europa chiede di liberalizzare il mercato. Impedire l’esistenza di un monopolio legalizzato. Permettere, cioè, a autori ed editori italiani di scegliere a quale società di intermediazione affidarsi per la gestione dei propri diritti. Il Parlamento italiano, con la rapidità che lo ha sempre contraddistinto, in due anni non è riuscito ad elaborare una normativa nazionale per seguire le indicazioni di Bruxelles. La legge di recepimento si è arenata alla Camera ed il termine per approvarla era lo scorso 10 aprile. E così ora si è generato un cortocircuito di diritti che potrebbe addirittura portare a una procedura di infrazione per l’Italia.

A questo punto viene da chiedersi quali saranno i passaggi successivi. Il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, si dice contrario alla liberalizzazione. L’Unione Europea ci chiede altro, ma la posizione del Governo è quella di apportare alcune modifiche alla attuale situazione mantenendo tuttavia il monopolio -l’unico stato europeo a gestire il diritto d’autore come l’Italia è la Repubblica Ceca-.

La vera problematica, quindi, nasce da gestione, trasparenza e pagamento dei compensi da parte della SIAE nei confronti dei suoi associati rispetto a Soundreef. In un’intervista di qualche settimana fa Adriano Bono spiega secondo me in modo molto efficace la differenza tra le due. Ci spiega che le prime discrepanze si notano “già al momento dell’iscrizione, che con Soundreef è gratuita e non esclusiva, mentre quando ti iscrivi alla SIAE paghi e devi affidare i diritti anche sulle opere che andrai a comporre in futuro. Senza contare che molti degli associati SIAE alla fine percepiscono meno di quanto hanno pagato per la quota associativa. La SIAE garantisce all’autore il 70% degli incassi di un live. Il problema è che me li versano dopo un anno e con un conteggio talmente complicato che non mi fa mai essere sicuro che la cifra equivalga effettivamente a quanto mi devono. Non solo – aggiunge Bono – c’è poi il problema della ripartizione: in SIAE gran parte dei live vanno sotto la categoria “concertini” i cui proventi finiscono in un gran calderone per essere ripartiti fra tutti gli iscritti. Le fette di questa torta però sono sbilanciate verso i nomi più famosi, cioè quelli che vendono e fanno guadagnare di più. Quello che rimane viene distribuito fra gli autori minori, spesso i più giovani ed emergenti, che così non vedono mai il frutto del loro lavoro. Con Soundreef invece il sistema è analitico: ricevo i diritti d’autore in base a quanto ho guadagnato con la mia attività: se faccio un concerto mi spetta la mia percentuale – il 75% – sulla base di quante canzoni ho suonato, dopo una settimana mi mandano il resoconto e ogni tre mesi mi pagano. E vale così per tutti“.

Certo, a leggere queste parole, mi fa strano pensare che quest’anno la SIAE sia stata uno dei principali parnter del Concertone del Primo Maggio a Roma, dedicato ai lavoratori.

Dall’altro lato una riflessione dovrebbero farla le istituzioni. #franceschiniripensaci è un hashtag sempre più condiviso sui vari social per richiamare l’attenzione sul problema. Forse il mercato potrebbe liberalizzarsi e potremmo sviluppare start-up come Soundreef anche qui in Italia. Oppure dovremo continuare ad assistere alla scena di un musicista o un autore che, soltanto per avere la possibilità di scegliere, è costretto ad andare Sempre Inevitabilmente All’Estero?

Ti potrebbe interessare